Lettera a un amico imprenditore

Lettera a un amico imprenditore

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Nei lunghi anni di attività hai imparato a curare i tuoi servizi e i tuoi prodotti con attenzione maniacale, con passione, impegno e devozione raggiungendo standard di qualità elevatissimi e traguardi importanti.

Eppure tempo fa hai sentito l’esigenza di fare qualcosa di più, qualcosa che non avevi mai fatto prima. Hai chiesto a qualcuno di fare da sponda ai tuoi interrogativi, ai tuoi dubbi o perplessità. Hai cercato qualcuno che ti sapesse ascoltare e consigliare nel tuo ruolo di guida in azienda. 

Il passo che hai fatto è enorme, perché oltre al coraggio che hai dimostrato nel farlo, ti ha portato implicitamente a riconoscere che malgrado i traguardi e alcuni risultati confortanti, non tutto in azienda funziona come dovrebbe e che occorre lavorare per riacquistare maggiore competitività.

Consolidare il vantaggio competitivo facendo leva sull’espansione a basso costo o sugli investimenti in marketing o sul potere contrattuale con i partner commerciali o su un’estesa rete di agenti o sulla capacità di investire in R&D, non funziona più come prima. Anzi nell’attuale contesto competitivo, tutti questi elementi rappresentano addirittura una zavorra e rendono le aziende meno reattive e snelle.

Così, mentre cerchi la ricetta giusta, il tocco di innovazione in più che potrebbe cambiare le cose in meglio, sei stufo di leggere o ascoltare quelle che ti suonano come chiacchiere astratte e consigli difficilmente trasferibili nella tua realtà. Anche perché magari conosci imprenditori che stanno avendo successo malgrado la crisi e malgrado tutto.

Sì, perché esistono anche realtà che hanno interpretato la crisi per quello che è, ovvero un avvertimento che i tempi sono cambiati per davvero e che per tornare ad essere competitivi occorre sapersi adattare al cambiamento.

Attenzione però che il cambiamento non consiste nel modificare ciò che fai o ciò che produci, bensì nel ripensare il “come” e il “perché” lo fai e questo implica il passaggio ad una nuova mentalità.

Implica il passaggio da una visione prodotto-centrica o servizio-centrica dell’azienda ad una visione centrata sulla persona (di clienti, dipendenti, collaboratori, fornitori, stakeholder) muovendosi sul doppio livello della riduzione degli sprechi e del conseguente aumento di creazione di valore.

Implica la consapevolezza che vendere prodotti o servizi di qualità non è più l’arma vincente; che voler diventare leader di settore facendo soltanto innovazione di prodotto non basta più per assicurare il margine competitivo necessario. D’altronde, quante aziende conosci che pur producendo qualità, sono finite a gambe all’aria?

Ma allora se i prodotti o i servizi di qualità non bastano più, cosa dovresti fare per continuare a essere competitivo o ritrovare competitività? Dovrete creare valore facendo leva sul radicale stravolgimento delle logiche che hanno governato il business sino ad oggi. Chi vince oggi ha agito sul proprio modello di business, ha capito e di conseguenza ha innovato il modo in cui l’azienda crea e distribuisce valore.

Nelle attività che abbiamo già svolto hai visto che il cambiamento è inevitabile in ogni settore, incluso il tuo, e che questo costituisce un nuovo inizio per chi ne coglie - come hai saputo fare - l’esigenza di trasformarlo in opportunità di crescita. 

La capacità di gestire e governare il cambiamento non è più un’opzione: è imposta dal contesto attuale caratterizzato da volatilità, incertezza, complessità nel quale le aziende sono chiamate a reagire rapidamente per adattarsi di volta in volta ai nuovi scenari. 

Da sempre è proprio questo il tallone di Achille di gran parte delle aziende di ogni livello e dimensione. Nella classifica Fortune 500 dal 1955 ad oggi sono scomparse il 90% delle aziende, non perché mancassero di risorse o di capacità, ma perché anziché imparare ad adattarsi al cambiamento hanno finito per esserne travolte

Come mai sembra tutto così difficile? Come mai solo il 30% delle aziende riesce a concludere con successo un percorso di trasformazione?

Perché gestire progetti e percorsi di cambiamento coinvolge in primo luogo le persone ed è impossibile cambiare un’azienda o i suoi processi, se chi deve trasformarli e metterli in atto non cambia nel suo modo di agire.

Le persone cambiano modo di fare solo quando hanno piena consapevolezza dei motivi e delle reali necessità che sino a quel momento le hanno spinte ad agire in un certo modo. Il cambiamento fine a se stesso, motivato da un desiderio volatile porta a risultati parziali, a soluzioni superficiali e in ultima analisi solo a uno spreco di risorse.

Le linee guida di un progetto di cambiamento efficace prevedono di:

  • comunicare e condividere motivazioni e finalità dell’iniziativa con tutti gli stakeholder

  • definire i ruoli dando a ciascuno l’opportunità di crescita

  • rinforzare i meccanismi di gratificazione per stimolare le risorse a partecipare

  • favorire la crescita di nuove capacità.

Il primo ostacolo è il primo punto, ovvero la modalità con cui viene comunicata l’esigenza di cambiamento all’azienda, solitamente in direzione “top-down”. Significa che la dirigenza parte da un problema (rallentamento crescita, contrazione mercato, perdita clienti), ne indica una possibile soluzione (progetti di espansione o di riduzione del personale, innovazione di prodotto) invitando le risorse a metterla in pratica. 

Tuttavia l’approccio è poco efficace perché provoca una reazione non molto collaborativa nel personale al quale tutto sommato viene chiesto di continuare a fare le stesse cose di prima possibilmente con maggiore impegno, non sempre riconosciuto e valorizzato ai fini della crescita professionale o individuale.

In conclusione, il solo fatto di attivare un nuovo progetto di innovazione di per sé non basta affinché porti dei risultati positivi. Il cambiamento necessita che inizialmente un numero di persone in azienda (non tutte e non tutte insieme) modifichi il proprio modo di agire nel tempo e con costanza. È chiaro: una PMI non può permettersi percorsi di formazione e consulenza interminabili, costosi e dai risultati incerti.

Per questo è necessario che il progetto di innovazione non sia casuale, che segua un percorso programmato a lungo termine di esperienze formative efficaci, coinvolgenti e non dei semplici momenti di trasferimento della conoscenza.

Qualsiasi azione intrapresa in un progetto di trasformazione culturale e di innovazione non può essere una soluzione pre-impostata calata dall’alto o dall’esterno, bensì un percorso che attiva e facilita la formazione delle risorse sino a renderle capaci di gestire autonomamente processi e situazioni. L’obiettivo ultimo è che ciascuno diventi un change agent nel proprio ambito attraverso strumenti e approcci semplici, intuitivi e facilmente condivisibili.

Occorrono attività di formazione che abilitino le persone a vedere la realtà con uno sguardo diverso, a stimolare le capacità creative e innovative affinché ciascuno sia in grado di applicare autonomamente ciò che ha imparato nella propria quotidianità a vantaggio di tutti.

Occorrono gruppi di lavoro cross-funzionali allargati con obiettivi condivisi per migliorare la comunicazione interna, agevolare la ricerca di soluzioni migliorative che valorizzano il cliente (e i dipendenti), stimolare il senso di appartenenza al gruppo.

Basteranno queste proposte a farti ritrovare la competitività e a sviluppare la mentalità vincente per affrontare i nuovi mercati? In tutta franchezza posso dirti che sono già un ottimo inizio.

Il profilo professionale del Business Innovation Architect

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